Una rivoluzione da 100 milioni di euro. È il «Piano della mobilità e della viabilità»…
Alle porte di Firenze, a Pratolino, nel cinquecentesco giardino delle Meraviglie mediceo viene messo in funzione oggi uno strano dodecaedro energetico, una struttura chiamata Diamante, e a cui la ricerca Enel lavora da più di tre anni.Alto 12 metri, con 38 pannelli solari monocristallini e 42 facce, Diamante è un sistema integrato di produzione fotovoltaica, con al l’interno un sofisticato sistema di accumulo energetico via idrogeno, tramite cella a combustibile e tre serbatoi sferici a idruri metallici, capaci di immagazzinare durante il giorno l’elettricità dai pannelli fotovoltaici e di rilasciarla durante la notte.«Diamante, in molti sensi, non è solo un esercizio tecnologico o di design – spiega Sauro Pasini, responsabile della ricerca Enel –, ma è una sorta di pre-prototipoindustriale. Il sistema, infatti, è tarato su un piccolo condominio, una casa da due o tre famiglie e l’idea è stata quella di svilupparlo come piccola centrale di generazione permanente di energia rinnovabile. Ovvio, negli anni scorsi avevamo a disposizione solo costose celle a combustibile e idrogeno, ma ora, e dall’anno prossimo si annunciano molto più economiche batterie agli ioni di litio, su cui sta investendo l’intera industria automobilistica mondiale. E di Diamante è importante la logica interna, quel sistema di inverter che consente di immagazzinare l’energia solare in eccesso e di renderla disponibile durante la notte. Il fatto che usi idrogeno, con un sistema sperimentale ancora ad alto costo, o future batterie economiche è secondario. Questo significa che noi di Enel cominceremo a proporre, già dall’anno prossimo probabilmente, sistemi fotovoltaici integrati ad accumulo di energia, in grado di servire utenze reali, 24 ore su 24».L’obiettivo non è solo quello di proporre un oggetto architettonico in grado di inserirsi in un parco artistico, in una piazza italiana o su un tetto. Ma quello di rodare un sistema fotovoltaico che domani potrebbe stare su un garage, generare quei 6-8 kilowatt di energia sufficienti a un paio di famiglie, immagazzinarli (per ipotesi) nelle batterie di un’auto ibrida plug-in e così ricaricare sia l’automobile che fornire alle famiglie un’alimentazione elettrica autonoma e permanente. «L’essenza di Diamante, come progetto di ricerca pre-produttiva va visto in connessione anche alla domotica – continua Pasini – una volta che disporremo di batterie per l’accumulo, oltre ai pannelli fotovoltaici, potremo connetterli alla rete domestica di alimentazione intelligente e agli elettrodomestici ottimizzati. E anche su questo stiamo attivamente lavorando, con prossimi annunci a breve termine».Per ora Diamante «è un oggetto che ci è costato un occhio della testa – ammette francamente Pasini – solo per far tagliare triangolarmente i pannelli fotovoltaici e sviluppare il sistema a idrogeno di estrema sofisticazione, che ha bisogno di un suo bilanciamento termico per accumulare ed erogare energia. Ma con le prossime batterie sarà tutto diverso, diverrà una vera e propria proposta di investimento per famiglie, condomini e anche piccole imprese».Con un vantaggio: «La generazione distribuita rinnovabile, su migliaia di punti ad accumulo renderà più facile la gestione dell’intera rete elettrica, che così, tramite contatori intelligenti e storage locale potrà bilanciarsi meglio, evitando quei problemi tipici del massiccio uso di rinnovabili su una infrastruttura progettata, da oltre un secolo, sulla produzione costante da grandi centrali elettriche». Un vantaggio non da poco, di cui Diamante, pezzo di design italiano, è solo un precursore.mrfinanza.com————————————–0——————————-
Del fisico cavalesano Riccardo Reppucci l’impianto “pulito” per l’imbarcazione della nota trasmissione di Rai 3 che si avventura nelle terre di Charles DarwinIl connubio tra Fiemme e il mare non è solo storia del passato e non riguarda solo il prezioso legno della Valle. Ha a che fare anche con le tecnologie più avanzate, come l’utilizzo dell’idrogeno quale fonte energetica per la strumentazione e l’illuminazione notturna di una barca a vela. E la barca in questione non è una qualunque ma Adriatica, il veliero di ventidue metri (con a bordo un efficiente studio tv) di Syusy Blady e Patrizio Roversi, conduttori della nota trasmissione televisiva di Rai3 “Velisti per caso”.Il fisico di Cavalese Riccardo Reppucci, titolare della Sgs Future ed esperto in risorse energetiche alternative, ha messo a punto nelle scorse settimane un sistema a idrogeno (stoccato a idruri metallici) abbinato a un piccolo impianto eolico per alimentare l’illuminazione notturna della barca dei famosi velisti e per sopperire alle necessità energetiche della strumentazione di bordo.“Il progetto, promosso e finanziato da Enel, Rai e, in parte, dalla nostra società, è molto complesso e proprio per questo particolarmente interessante”, spiega Reppucci. “La barca attraverserà i mari dei Caraibi e l’oceano Pacifico e andrà incontro a diverse tempeste, perciò l’impianto dovrà essere in grado di sopportare colpi violenti e un costante rollio”. Adriatica seguirà la rotta di Charles Darwin, passando per il Canale di Panama fino alle isole Galapagos, sulla scia del Beagle, il brigantino britannico che tra il 1831 e il 1832 condusse per mare Darwin (di cui nel 2009 ricorre il bicentenario della nascita) che in quel periodo lavorava alla teoria dell’evoluzione.“Le puntate della nuova serie di Blady e Roversi saranno trasmesse nel 2007 e mi è stato garantito che il nostro sistema di energia ‘pulita’ a bordo di Adriatica sarà ampiamente illustrato”. Un progetto, quindi, d’assoluto prestigio per Reppucci che, però, non è nuovo alla sperimentazione e all’applicazione d’impianti a idrogeno. Lo scorso marzo ha installato in tre centri del Trentino Alto Adige, precisamente Vezzano, Calavino e Mattarello, tre centraline Telecom Italia che, in caso di black out elettrico, vengono alimentate a idrogeno. Il sistema, assolutamente innovativo, sostituirà gradualmente quello basato sui normali accumulatori utilizzati per garantire la continuità del servizio telefonico in caso di interruzione della rete elettrica pubblica. Probabilmente entro il 2007 queste centraline diventeranno un centinaio, un contributo significativo alla riduzione dell’inquinamento ambientale.Ma Reppucci, con la collaborazione della Provincia di Bolzano, nel 2002 ha realizzato anche il primo sistema a celle a combustibile ad idrogeno, di recente trasformato in idrogenodotto sospeso di un chilometro (in alternativa al gruppo elettrogeno preesistente), applicato nel rifugio altoatesino “Lago Rodella”. Nello stesso anno ha creato per la Marina Militare, nella base navale di La Spezia, un “faro a idrogeno”. In corso di realizzazione, invece, sono l’installazione nell’aeroporto di Perugia di un sistema integrato (fotovoltaico – elettrolizzatore – fuel cell) per l’alimentazione di un radiogoniometro e, con il Cesi di Milano, di un sistema completo per l’alimentazione a “fuel cell” degli scavi archeologici di Ercolano. In Sicilia, infine, in collaborazione con l’università di Messina e il Cnr ha avviato lo studio di un intero villaggio che “funzionI a idrogeno”, da fonti rinnovabili.Questa lista di applicazioni in contesti tanto diversi dimostra tutte le potenzialità dell’idrogeno, soprattutto nel campo dell’alimentazione di back-up, ovvero la mancanza d’energia nella rete primaria (caso Telecom), ma anche nelle applicazioni primarie (utenze remote, disaster ricovery, reti di allarmi) con integrazione con altre tecnologie alternative (fotovo
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aico, eolico).Ma se la sperimentazione sull’idrogeno, in particolare in Canada, Stati Uniti e Germania, è piuttosto avanzata quello che ancora manca per la diffusione e l’applicazione costante di una fonte energetica tanto preziosa e pulita è un’adeguata rete di produzione e di infrastrutture. Tutto ciò determina ancora l’elevato costo di realizzazione dei sistemi. “Si tratta – dice Reppucci – di una tecnologia giovane e costosa. Si potrebbe paragonare all’automobile di cent’anni fa rispetto agli altri mezzi di trasporto dell’epoca: l’auto, in quegli anni, risultava dispendiosa, aveva problemi infrastrutturali e logistici che non permettevano l’ampia diffusione avvenuta in seguito. Per l’idrogeno è indispensabile creare le infrastrutture, ovvero tanti centri di produzione e di distribuzione di idrogeno. Questa tecnologia, comunque, è in forte ascesa e avrà grande sviluppo in futuro. Già tra una decina d’anni potremmo vederne le ricadute, anche nelle nostre valli”.Tratto da L’Avisio.
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