Immagini in diretta dal golfo del messico, tentativo di riparare la falla a 1500 metri…
In Cile è arrivato finalmente il momento della libertà per i minatori intrappolati. E’ dal 5 agosto che nella miniera di San Josè sono bloccate 33 persone, adesso è possibile salvarli grazie alla caspula Fenix.
Scuole chiuse, strade bloccate, gente in festa alla “Plaza di Armas”, la più importante della città: Copiapò sta celebrando, nel cuore della notte in Cile, la liberazione dalla profondità della terra dei 33 minatori
** Ho rimosso il video in streaming in quanto la trasmissione live è terminata molto felicemente :-)))**
Attraverso il cunicolo, dopo circa due ore e mezza sono stati riportati in superficie anche tutti i sei soccorritori calatisi nelle viscere della terra per organizzare la risalita dei minatori. L’ultimo minatore a uscire è stato il capo-turno e leader del gruppo fin dal giorno del crollo, Luis Urzua, di 54 anni: su di lui era gravato il compito di mantenere viva la speranza nei compagni durante i 17 giorni in cui non c’erano contatti con i soccorritori e che ha razionato gli alimenti dei quali disponevano (qualche lattina di tonno, latte e frutta in scatola). Appena uscito dalla capsula, il minatore è stato avvolto in una bandiera cilena e in tante città e paesi le campane delle chiese hanno suonato a distesa mentre la gente si è riversata per le strade, animandole con caroselli in auto.
«Le passo il turno e spero che questo non accada più», ha detto Urzua rivolto, con casco e occhiali scuri per proteggerlo dalla luce, al presidente cileno Sebastian Pinera che lo ha accolto tra l’esultanza generale. «Ho fatto un turno di 70 giorni, un pò troppo lungo», ha scherzato Urzua fra l’altro dicendosi «orgoglioso di essere cileno». Tutti attorno a lui hanno applaudito intonando l’inno nazionale. «Mi congratulo con lei, è stato un ottimo capitano», gli ha detto il presidente Pinera che, al termine delle operazioni di soccorso, ha sigillato il pozzo ponendo metaforicamente fine alla vicenda seguita da settimane anche grazie a immagini e voci raccolte dal sottosuolo attraverso una sorta di cordone ombelicale che ha tenuto in vita i minatori con cibo e acqua.
Prima di riemergere dalla piccola miniera di rame e oro nei pressi di Copiaco, circa 800 km a nord della capitale Santiago, i soccorritori hanno mostrato alla webcam sotterranea il cartello, in spagnolo, con l’annuncio «missione compiuta» registrato dai circa 1.500 giornalisti arrivati da tutto il mondo al «campo Esperanza». Protagonista delle immagini tv che hanno documentato l’operazione di salvataggio è stata la capsula di metallo, poco più larga delle spalle di un uomo e dipinta coi colori della bandiera cilena. Questa sorta di Apollo 11 delle viscere della terra è stata ridipinta più volte ma ha mostrato sempre più rigature causate delle rocce dello stretto pozzo scavato per calarla nel sottosuolo. Comunque ha tenuto, fino a riportare in superficie anche l’ultimo dei soccorritori scesi nella cavità per aiutare i minatori ed entrare nella Fenix.
L’uomo che idealmente «ha spento la luce» è Manuel Gonzalez, un tecnico con 20 anni di esperienza in questo tipo di soccorsi. Nella sala mensa della base operativa da dove sono state coordinate le operazioni di soccorso – costate un equivalente tra i 7 e i 14 milioni euro secondo una stima di Pinera – alcuni familiari dei minatori hanno stappato bottiglie per suggellare con brindisi la fine dell’incubo.
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