«Questo non è un appuntamento fine a se stesso, ma l'inizio di un percorso di…
CAVALESE – Sarà aperto al pubblico probabilmente all’inizio dell’autunno, come ha anticipato lo Scario Giuseppe Zorzi , ma le particolarità del suo completo restauro sono state illustrate mercoledì sera ai valligiani (una quarantina) che hanno voluto intervenire a Cavalese presso la sala della Biblioteca. La riunione, coordinata dal regolano Raffaele Zancanella , è stata aperta dagli interventi dello Scario e del Vicescario Marco Vanzo . Il primo ha anticipato la futura strutturazione dell’edificio, una parte del quale sarà riservata alla Scuola Pittorica del Settecento (molti quadri sono attualmente in fase di restauro) ed un’altra all’allestimento di mostre temporanee o altri eventi. Il secondo si è detto «felice dell’incarico avuto di seguire tutto l’iter della ristrutturazione» ed ha auspicato «un’apertura il più ravvicinata possibile». Poi il via alle illustrazioni da parte dei tecnici. Il progettista e direttore dei lavori architetto Andrea Marastoni (il quale ha preso il testimone dal padre Antonello, scomparso quattro anni fa e che aveva cominciato a parlare di restauro ancora nel 1982) ha ricordato le diverse fasi dell’intervento, dopo aver trovato «un palazzo con crepe vistose e inquietanti». Una quindicina di anni di progetti, più volte rivisti ed aggiornati, per arrivare a quello definitivo del 2005. L’impegno è stato lungo e complesso, ma i risultati sono di eccellenza, grazie ad uno staff tecnico di qualità, supportato da molti consulenti di prestigio, e grazie alla sensibilità della Soprintendenza ai Beni Cuturali ed Artistici della provincia. La struttura è stata completamente rivisitata, risanata e recuperata, visto che molte pareti erano state coperte in passato da ripetute mani di calce, a scapito degli affreschi, tutti riscoperti e riportati alla luce. Grandissimo il lavoro dei restauratori, con particolare riferimento alle pitture della parete nord, che «hanno creato anche dei momenti di vera emozione». L’ingegner Ugo Braito di Daiano ha analizzato i problemi strutturali dell’edificio, trovato in condizioni disastrose, con murature fessurate, schiacciamenti, dissesti, collassi, solai inadeguati e movimenti verso l’esterno anche di dodici centimetri. È stato quindi messo in sicurezza, con consolidamenti adeguati ai nuovi carichi, fondazioni affiancate alla base da cordoli collegati con barre di acciaio, un’accurata scelta dei materiali (non calcestruzzo ma calce idraulica naturale), la realizzazione di collegamenti rigidi tra solai e muri perimetrali, il consolidamento degli avvolti in pietra, la realizzazione di sezioni miste legno-calcestruzzo, collegate con pioli di acciaio inox, altri interventi specifici. Infine, la dottoressa Chiara Felicetti ha fatto una analisi storica del palazzo (acquistato dalla Comunità nel 1850 ed oggetto di quattro campagne di parziale restauro nel secolo scorso, dal 1901 al 1975), illustrando le indagini diagnostiche effettuate per capire dove intervenire, l’analisi artistica degli interventi ed i paralleli stilistici ed iconografici con altre realtà. Infine, Marastoni ha spiegato le ragioni della scelta (da molti contestata) dei merli dei muri che circondano il cortile esterno, una volta coperti da «scandole» ed ora lasciati senza copertura. «In sostanza» ha spiegato il tecnico «i merli sono stati messi in sintonia con la facciata posteriore, anche se un domani le classiche scandole, un tempo per altro foderate da edere, potranno comunque essere rimesse. Per adesso vogliamo capire bene se questa scelta è valida o da modificare». Mario Felicetti
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