Patente, si cambia: da sabato 19 gennaio scattano le nuove categorie e le nuove regole per…
Da gennaio non sarà più possibile andare in pensione con meno di 61 anni a meno di averne lavorati almeno 41. È l’effetto del doppio scalino davanti al quale si troveranno i lavoratori nati dopo il 1951. Entreranno infatti in vigore dal 2011 sia le nuove regole per l’accesso alla pensione di anzianità previste dalla riforma Damiano del 2007 (l’età minima per uscire passa da 59 a 60 anni per i lavoratori dipendenti a fronte di almeno 36 anni di contributi) sia quelle sulla «finestra mobile» per l’uscita previste dalla manovra di quest’estate (12 mesi di attesa una volta raggiunti i requisiti per i lavoratori dipendenti, 18 per gli autonomi).
Grazie all’entrata in vigore delle nuove regole l’Inps si aspetta per l’anno prossimo un crollo dei trattamenti di anzianità (sotto le 100.000 unità) mentre quest’anno i dati sui primi 10 mesi segnalano un boom di uscite (155.440 con un aumento del 54% rispetto alle 100.880 liquidate nell’intero 2009 a causa soprattutto dell’aumento delle richieste tra i dipendenti). In base alla legge 122/2010 i lavoratori dipendenti avranno diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico di anzianità e vecchiaia solo dopo 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi. Chi quindi li matura a 60 anni potrà ricevere la pensione solo raggiunti i 61. Per i lavoratori autonomi l’età per l’anzianità si alza ancora (a 62 e mezzo) visto che ai 61 anni come età minima per l’uscita si aggiungono 18 mesi di attesa della finestra mobile. Se quindi un lavoratore dipendente nato a dicembre 1951 che lavora dal 1974 potrà andare in pensione a luglio prossimo (avendo maturato i requisiti nel 2010), il suo collega nato a gennaio del 1952 (una manciata di giorni dopo) dovrà aspettare fino a gennaio 2013 lavorando un anno e mezzo in più. Si potrà continuare ad andare in pensione con 40 anni di contributi indipendentemente dall’età ma a questi lavoratori si applicherà comunque la finestra mobile (invece delle quattro annuali previste fino al 2010) portando gli anni di lavoro quindi di fatto a 41. I 12 mesi di attesa dal raggiungimento dei requisiti valgono anche per la pensione di vecchiaia (65 anni gli uomini, 60 le donne) portando l’età minima a 66 per gli uomini e a 61 per le donne (62 per le statali che si troveranno di fronte anche all’inasprimento delle condizioni per il pensionamento di vecchiaia).
È probabile quindi che l’età media di pensionamento, adesso poco superiore a 61 anni si avvicini, già dall’anno prossimo ai 63 dovendo tenere conto di coloro che escono a 61 ma anche di quelli che devono aspettare i 66. Il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua segnala che il dato sulle pensioni liquidate nel 2010 non è comparabile con quello del 2009 poichè risente dello «sblocco» di un numero rilevante di persone fermate al lavoro dallo scalino del luglio 2009 (quando l’età minima per l’anzianità passò da 58 a 59 anni). Il nuovo scalino combinato con la finestra comunque – avverte – porterà a una contrazione consistente delle richieste che potrebbero scendere nel 2011 sotto quota 100.000. E se il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia ha commentato l’arrivo delle nuove regole per la pensione parlando di un «sistema stabile e abbastanza in ordine» il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso ha chiesto di «togliere la norma dei 12 mesi in più» e di varare un sistema nel quale le persone siano libere di decidere, ovviamente in un “range” nel quale vi sia una flessibilità di rendimento dell’assegno di pensione in base al tempo lavorato.
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