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Una malattia non particolarmente dannosa. In molte vallate trentine sono apparsi in queste ultime settimane vistosi ingiallimenti delle chiome di abete rosso.
Il Servizio foreste e fauna della Provincia e la Fondazione Edmund Mach ne spiegano i motivi.
Il fenomeno è dovuto alla presenza di numerosi aghi dell’ultimo anno ingialliti e con fruttificazioni da cui fuoriescono nuvole di spore. Questa appariscente sintomatologia non è riferita a una nuova problematica, ma all’infezione di un agente fungino, la ruggine (Chrysomyxa rhododendride Bary), che svolge il suo ciclo vitale tra il rododendro e l’abete rosso. Il patogeno è noto da molto tempo e la sua presenza può essere considerata “normale” nei boschi di abete rosso, in particolare ad alta quota.
La sua manifestazione sull’abete è influenzata dall’andamento meteorologico, specie dei mesi primaverili quando avviene l’infezione dei nuovi aghi e varia perciò notevolmente nelle diverse annate. Nonostante la sua appariscenza, la malattia non è considerata particolarmente dannosa: le piante colpite, sebbene perdano una parte degli aghi, non muoiono e riescono a riprendersi, continuando a vegetare tranquillamente negli anni successivi. Il fenomeno è quindi da considerarsi del tutto normale e rientrante nelle dinamiche naturali delle peccete.
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salvatore
31 agosto 2016 at 15:27
i pannelli fotovoltaici sono la causa dell’aumento dei raggi solari ma nessuno vuole studiarne gli effetti nell’atmosfera invece di continuare ad installarne tanti altri