Cermis due stragi dimenticate

Da il 2 febbraio 2009

ad0202re03 19 Cermis due stragi dimenticateSolo il gonfalone del Comune di Cavalese ed il labaro degli alpini ad accompagnare la celebrazione dell’undicesimo anniversario della seconda tragedia del Cermis (3 febbraio 1998), nel ricordo anche del primo disastro del 9 marzo 1976. Sessantadue vittime delle due sciagure, ricordate questa volta in tono inspiegabilmente dimesso rispetto alle cerimonia degli ultimi anni 
 
CAVALESE. Poca gente nel cimitero, pochissime autorità, latitanti i vertici provinciali, fatta eccezione per il vicepresidente del consiglio Claudio Eccher e per l’assessore Mauro Gilmozzi , sindaco di Cavalese all’epoca della tragedia dell’aereo americano che, giusto undici anni fa, tranciò di netto i cavi del primo tronco della funivia, scaricando venti vittime sui prati che costeggiano il torrente Avisio, alla periferia di Masi. Mancavano anche le rappresentanze diplomatiche ufficiali dei paesi coinvolti (sono arrivati soltanto i messaggi di circostanza del presidente del consiglio provinciale Giovanni Kessler e del console americano), mentre invece, come sempre, sono intervenuti alcuni dei parenti delle vittime straniere, i quali, da undici anni, non mancano mai a questo doloroso appuntamento che riporta indietro drammaticamente l’orologio della storia. Ieri mattina, alle 10, il parroco don Ferruccio Furlan , con la sensibilità, l’umiltà e l’intelligenza che lo contraddistinguono, ha celebrato la messa nella chiesa di San Sebastiano, affiancato da don Krysztof Strselexky , sacerdote polacco che non manca mai alla celebrazione cavalesana, anche come fratello di una delle vittime del 1998. Nei primi banchi, accanto a Eccher e Gilmozzi, il sindaco Walter Cappelletto , assessori e consiglieri comunali, i famigliari delle vittime, i rappresentanti dei vigili del fuoco, delle forze dell’ordine e delle associazioni di ex combattenti. «Oggi – ha detto don Furlan all’omelia – siamo qui con tante persone che vengono dal Belgio, dall’Olanda, dalla Polonia e che ancora portano la ferita di una perdita, di un dramma. Purtroppo alle volte chi predica non è capace di rendere a sufficienza la drammaticità dei fatti, ma è la comunione dell’umanità che, proprio nel momento del dolore, ci trova uniti, al di là delle parole. Siamo in questa chiesa, con Gesù che aiuta l’uomo a superare il mistero del dolore e della sofferenza. Ci rivolgiamo al Signore, perché sia lui a dare una risposta ulteriore, ad aiutarci a vivere, per saper condividere in maniera profondamente umana la sofferenza. È l’unico modo per superarla». Dopo la messa, il mesto, silenzioso corteo fino al cimitero nuovo, a due passi dalla storica Pieve di Fiemme, dove è seguita la benedizione dei due cippi che ricordano le sessantadue vittime del Cermis. Davanti ad essi, i due omaggi floreali del Comune ed il pianto, dignitoso e composto, dei famigliari che hanno deposto altri mazzi di fiori. Il tempo passa e sembra cancellare impietosamente la commozione ed i ricordi. Ma quanto è accaduto è destinato, al di là di tutto, a rimanere ancora scolpito indelebilmente nella memoria di questo paese e dell’intera valle di Fiemme.
Mario Felicetti

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