COVID 19 a PREDAZZO: Lettera aperta della famiglia Murtezi

Da il 8 luglio 2020
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E’ con profonda amarezza che mi accingo a scrivere questa lettera aperta, con l’intenzione di far chiarezza sulle troppe dicerie e, spesso, maldicenze che ci è toccato sentire in questo periodo. Io sono Murtezi Kujtim, una delle persone risultate positive al tampone, benché non abbia avuto, come del resto quasi tutti noi, alcun sintomo.

Vorrei precisare innanzi tutto che gli 8 casi di contagio sono TUTTI, UNICAMENTE riferiti alla mia famiglia, la famiglia Murtezi, quindi non riguarda la comunità Kosovara, non riguarda i Predazzani, gente che amiamo in quanto siamo loro riconoscenti per averci ospitato permesso una vera e reale integrazione, non riguarda gli Italiani e nessun’altra etnia.

Il contagio è stato circoscritto fra di noi in quanto appena riscontrati i primi sintomi, febbre che superava i 37,5 gradi, mio fratello, il così detto paziente 0, si è subito rivolto al proprio medico di fiducia ed alle autorità sanitarie per poterlo arginare. Da qui l’invito per noi tutti a sottoporci a tampone. Non sappiamo chi o perché si sia ipotizzato come causa una ipotetica festa organizzata dalla comunità kosovara.

Tale diceria è ASSOLUTAMENTE FALSA non vi è stata alcuna festa, semmai possiamo aver detto che nei giorni di festa, intesi come sabato e domenica, le nostre famiglie si possono incontrare, scambiare quattro chiacchiere, trovarsi in un locale o in una loro casa a bere un caffè o a pranzare insieme, trascorrere un momento di svago e scambio di opinioni nell’armonia del nucleo familiare, cosa successa fra sabato 20 e domenica 21 giugno.

Per chi non ci conoscesse, con mio padre e mio zio, noi figli, siamo scappati dalla guerra del Kosovo nel 1999 e da allora risediamo a Predazzo, dove abbiamo trovato un lavoro che non abbiamo più cambiato, i nostri figli sono nati tutti a Cavalese, tutti tranne uno dei miei che è nato in ambulanza presso la rotatoria di Predazzo sud, in quanto il reparto maternità faceva servizio a singhiozzo.

Malgrado mi invitassero a sporgere denuncia per malasanità, visto che mia moglie era stata dimessa solo qualche ora prima, vedevo l’impegno e la cura con cui tutto il personale sanitario, ci ha seguito e mi è sembrato giusto ringraziarli e rispettare il loro operato.

Siamo una famiglia unita, a cui si aggiungono altri congiunti: gli zii e i cugini con le loro mogli ed i loro figli, tutti Murtezi, in totale le 28 persone che hanno fatto il tampone da cui risultano 8 casi positivi di cui 5 asintomatici.

Ora scopriamo che i media ci additano come fossimo gli untori della narrativa manzoniana, pubblicano notizie false su feste inesistenti sul coinvolgimento della comunità kosovara ecc.

Preciso che chi ha dato queste notizie non ha minimamente pensato di interpellarci o di chiedere a nessuno di noi come si siano svolti veramente i fatti, cosa che trovo veramente sconcertante, considerando che questo tipo di propaganda crea numerosi problemi sia a noi che alla comunità in cui viviamo che certamente non merita questo tipo di trattamento.

Ripeto ad essere coinvolte sono SOLO ed UNICAMENTE componenti della mia famiglia.

Predazzo, 07/07/2020  Firmato Murtezi Kujtim

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Un Commento

  1. Michelangelo

    14 luglio 2020 at 15:26

    Questa lettera è molto chiara e quindi aiuta a capire la situazione e le circostanze in cui si sono svolti i fatti. Leggendo gli articoli pubblicati online si era portati a vedere il gruppo di kosovari come delle persone poco responsabili e per niente preoccupate delle conseguenze di certi comportamenti; in realtà tutti si sono messi in autoisolamento per non mettere in pericolo i compaesani. C’è da sperare che gli autori degli articoli facciano al più presto un po’ di autocritica e riconoscano di aver sbagliato, non attingendo le informazioni direttamente alla fonte, cioè presso la famiglia Murtezi.
    Sono anche molto apprezzabili le parole con cui il signor Kujtim manifesta riconoscenza verso la comunità di Predazzo, che ha accolto il gruppo di kosovari in fuga dalla guerra; qui essi hanno potuto trovare occasione di lavoro e una nuova “patria”. Penso che questa lettera dovrebbe arrivare in tutte le famiglie della zona, non solo di Predazzo,
    così da sollecitare un sentimento di solidarietà verso coloro che si sono sentiti presentare come “gli untori della narrativa manzoniana”.
    La speranza è che, nonostante la sfortuna di trovarsi contagiati dal Covid-19, prima di tutto arrivi per tutti loro una veloce e completa guarigione e poi possano trovare sulla stampa locale parole di solidarietà e di stima per la dignità con cui hanno vissuto questa incresciosa vicenda.
    Michelangelo Boninsegna

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