Si mette l'euro, si tira la leva, il nastro a ruota gira. In un attimo…
In Trentino i ghiacciai sono in difficoltà. Secondo Meteotrentino, infatti, negli ultimi 50 anni i ghiacci si sono dimezzati sia in termini di superficie che in termini di spessore. Se perdureranno queste condizioni climatiche, il primo a sparire sarà il ghiacciaio del Careser (monitorato dagli anni sessanta), che può resistere ancora per una trentina d’a nni.
Non è solo il ghiacciaio Presena a trovarsi in condizioni difficili. Tutti gli ottanta ghiacchiai trentini, piccoli o grandi che siano (ma che insieme ricoprono una superficie di 38 chilometri quadrati), si stanno piano piano ritirando. Infatti, i dati raccolti da Meteotrentino in collaborazione con la Sat, la facoltà di Ingegneria e con il Museo tridentino di scienze naturali confermano una decrescita costante, ormai da ternt’anni a questa parte e una forte accelerata in questo senso, registrata proprio negli ultimi dieci anni.
In media, negli ultimi 50 anni, la superficie dei ghiacci è dimezzata, così come lo spessore: «Ogni anno – spiega il responsabile di Meteotrentino Alberto Trenti – i nostri ghiacciai si assottigliano, perdendo uno o due metri di spesso. Negli ultimi dieci anni il processo si è accelerato e si arriva anche a tre metri persi».
Per recuperare i metri persi, non basta però un anno di abbondanti nevicate come fu la stagione del 2008/09. Lo spiega Christian Casarotto, glaciologo del Museo tridentino di scienze naturali: «Un inverno solo non fa cambiare il corso della storia». E allora, per le zone dove ancora si pratica lo sci estivo, per preservare i ghiacci, si utillizza la tecnica. Così avviene in Presena dove, per 70 mila metri quadrati sugli 0,4 chilometri di superficie, i teli tecnici permettono di conservare fino al 60 per cento della neve caduta.
«E’ una buona idea (già testata in Svizzera e Austria) – spiega Casarotto – ma di certo non è la saluzione al problema. Bisogna poi intervenire sulle politiche ambientali, diminuire le emissioni di gas nocivi e rivedere gli stili di vita». La difesa dei ghiacci attrraverso la copertura (come avviene al passo del Tonale) si potrebbe ipotizzare, in Trentino, soltanto per la Marmolada (dove ancora si scia).
La preoccupazione però, spiegano i tecnici, riguarda anche tutti i nostri ghiacciai a partire dal Mandron (che su 17 chilometri di superficie, uno solo si trova in Trentino), la Lobbia in Adamello (6,7 chilometri quadrati), il Lares (4,8 chilomenti quadrati), il ghiacciao della Mare in Va di Peio (4 chilometri quadrati), la Presanella (2,9 chilometri quadrati), la Marmolada (1,6 chilometri quadrati) e il Nardis (1,4 chilometri quadrati).
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L’ultima glaciazione, cominciata 100.000 anni fa, è finita circa 10.000 anni fa
Qualche giorno fa, nel corso di una conferenza stampa, ci è stato presentato il cosiddetto «Riparo Dalmeri», il più affascinante accampamento di cacciatori preistorici della fine dei tempi glaciali. Il materiale recuperato è oggetto di una mostra che si tiene a Grigno dal 10 maggio al 27 settembre 2009, e rappresenta uno spaccato di usi e costumi dell’uomo che abitava il Trentino di 13.000 anni fa. Il periodo risale al termina di un’era glaciale, il cui culmine so era verificato 3.000 anni prima.
Questo dato ci ha particolarmente interessato, perché in così poco tempo si è passati da un ambiente polare ad uno molto simile a quello che è toccato vivere a noi del 2000 Dopo Cristo.
Affascinati da questo dato, abbiamo chiesto al Museo Tridentino di Scienze naturali di darci una cartina che riproducesse lo stato del nostro territorio in piena glaciazione. L’abbiamo ricevuta e la riproduciamo volentieri qui di seguito.
Nell’immagine, vediamo i ghiacciai principali che ricoprivano il Trentino. Vediamo spuntare da un mare di ghiaccio le piccole cime del Bondone e della Paganella. Proseguendo verso sud i ghiacciai si dividono andando a formare a occidente quello che alla sua scomparsa diventerà il lago di Garda, in centro quello che ricopre la valle dell’Adige (separato dal Garda dal monte Baldo), a oriente il ghiacciaio che scava la Valsugana.
È in quest’ultima vallata che, in un canalone che dal versante meridionale scende verso nord, è sorto tremila anni dopo il «Riparo Dalmeri» (segnalato col bollino rosso), quando i ghiacci erano ormai un solo peraltro recente ricordo.
LE GLACIAZIONI
Ere Glaciali ed Ere Interglaciali
In glaciologia, la scienza che studia i ghiacciai, il termine glaciazione (letteralmente «azione, movimento dei ghiacci») è sinonimo di «Era glaciale» e indica un periodo di tempo in cui i poli della Terra sono ricoperti da calotte glaciali più o meno estese.
Secondo questa definizione ci troviamo ancora oggi in un periodo di glaciazioni, in quanto la Groenlandia e l’Antartico sono ancora ricoperte dai ghiacci.
Più comunemente, però, quando si parla degli ultimi milioni di anni della Terra, con glaciazioni ci si riferisce a lunghi periodi di abbassamento della temperatura (periodi glaciali particolarmente freddi) durante i quali le calotte glaciali si espandono in direzione dell’equatore fino a ricoprire gran parte dell’Europa e del Nord America. In questo senso l’ultima glaciazione era cominciata 100.000 anni fa ed è finita circa 10.000 anni fa.
La Terra ha sperimentato almeno cinque ere glaciali a partire dalla lontana Era Arcaica. La più antica si crede abbia avuto luogo tra 2,7 e 2,3 miliardi di anni fa all’inizio del Proterozoico.
La seconda, probabilmente la più intensa, iniziò dagli 800 fino ai 600 milioni di anni fa, durante il tardo Proterozoico. Alcuni scienziati hanno ipotizzato che l’intera Terra fosse ricoperta completamente da una coltre di ghiaccio. La fine di quest’era glaciale fu all’incirca contemporanea alla cosiddetta «Esplosione Cambriana», un’epoca di grandissima produzione di vita multicellulare all’inizio del periodo Cambriano.
Tra i 460 e i 430 milioni di anni fa (nell’Ordoviciano superiore) ci furono una serie minore di glaciazioni, seguite da altre più intense tra i 350 ed i 250 milioni di anni fa (Carbonifero-Permiano).
Le epoche glaciali più recenti risalgono al Pleistocene, con intervalli freddi variabili tra i 40.000 ed i 100.000 anni. L’ultima glaciazione importante terminò, come abbiamo detto, 10 mila di anni fa.
Quella che più interessa è appunto l’ultima era glaciale verificatasi nel Quaternario, con probabile inizio già nel Pliocene, cioè circa un milione di anni fa. Infatti l’effetto del glacialismo sulla conformazione dei paesaggi attuali è legato in particolar modo agli ultimi due milioni d’anni di storia della Terra.
Per gli ultimi 600.000 anni del Quaternario, classicamente si distinguono quattro periodi glaciali, denominati dal più antico al più recente Gunz, Mindel, Riss e Wurm con tre interglaciali presenti tra i quattro glaciali. Recenti studi hanno in realtà messo in discussione questa suddivisione, contando fino a 6, forse 8, periodi glaciali negli ultimi 800.000 anni.
L’alternarsi periodi glaciali e interglaciali è dovuto a particolari movimenti della Terra in particolare esistono alcuni «cicli millenari» (precessione degli equinozi e nutazioni dell’asse terrestre, rotazione della linea degli apsidi, rotazione della linea degli equinozi, variazione di eccentricità dell’orbita terrestre, traslazione del sistema solare nella galassia, traslazione della galassia nello spazio) che influenzano la quantità di radiazione solare che colpisce le differenti parti della terra nei diversi tempi dell’anno e nei vari periodi geologici.
Altre possibili cause sono le eccezionali attività vulcaniche, l’intensità delle macchie solari, le variazioni nella composizione dell’atmosfera (gas serra), lo spostamento delle placche tettoniche,…
La presenza di numerosi ghiacciai e lo spesso manto di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartide stanno ad indicare che la Terra sta ancora attraversando un’era glaciale. C’è allora da chiedersi: quando l’Emisfero Nord entrerà di nuovo in un periodo di avanzamento dei ghiacci come quello che terminò 10-12.000 anni fa? I cicli orbitali ci dicono che andiamo verso una nuova glaciazione. Nel passato i cicli di forte glaciazione da 100.000 anni furono intervallati da un periodo interglaciale di 9-12.000 anni.
L’attuale periodo interglaciale ha circa 10.700 anni. Andiamo quindi incontro ad una ripresa della glaciazione. Tuttavia, nessun trend di breve periodo o di scala decennale o persino centennale riesce a rivelare con una certa affidabilità se stia per cominciare o meno una glaciazione.
Ci sono stati almeno tre periodi ciclici di riscaldamento e raffreddamento all’interno dell’attuale periodo interglaciale. L’ottimo climatico ha raggiunto il suo picco 7.000 anni fa, quando la temperatura media dell’aria, dedotta dal volume di ghiaccio, era di 1,11°C più alta del presente.
È proprio quel periodo che lo studioso indiano B.G. Tilak indica come la data più recente possibile per la composizione dei Veda, quando l’Equinozio di Primavera era in Orione. La sua ipotesi dell’origine polare del gruppo linguistico indo-europeo, tuttavia, non esclude la datazione ad un più antico ciclo di precessione.
I due lunghi cicli di riscaldamento che si sono verificati da 4.000 a 8.000 anni prima dell’attuale possono avere poco a che fare con l’effetto serra che si sostiene causato dalla produzione industriale di biossido di carbonio.
Una Piccola Era Glaciale cominciò circa 650 anni fa e durò fino al diciannovesimo secolo. Da allora la Terra si è riscaldata lentamente, ma la temperatura media non si è mai avvicinata all’ottimo di 7.000 e 4.500 anni fa. Le ragioni di questi trend climatici più brevi non sono tutte ancora pienamente comprese. Tra i tanti fattori che occorre prendere più attentamente in considerazione ci sono la posizione della Terra nella galassia, i mutamenti nelle emissioni solari, le variazioni cicliche più piccole nell’orbita terrestre e le correnti oceaniche.
Perché si susseguono ere glaciali ed ere interglaciali
Le cause che portano il clima terrestre a entrare e uscire ciclicamente da un’era glaciale sono ancora controverse. Vi è tuttavia un consenso generale nell’indicare tre fattori come determinanti per il verificarsi di questo processo: la composizione dell’atmosfera, i cambiamenti dell’orbita terrestre intorno al Sole e dell’orbita del Sole intorno alla Via Lattea; la disposizione dei continenti sulla superficie terrestre.
Il primo di questi tre fattori è probabilmente il più influente, e giocò un ruolo fondamentale soprattutto nella prima glaciazione, la più rigida di tutte.
La presenza di terre all’interno dei circoli polari artico e antartico appare necessaria per lo sviluppo di un’era glaciale, probabilmente perché le terre emerse forniscono uno spazio sul quale la neve e il ghiaccio si possono accumulare durante i periodi freddi.
L’orbita della Terra non ha una grande importanza come fattore scatenante di una glaciazione, ma sembra influenzare molto il susseguirsi dei periodi glaciali e interglaciali all’interno dell’attuale glaciazione.
Un’altra causa è data dal numero delle macchie solari, il cui numero influenza la temperatura terrestre.
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Gianni
5 febbraio 2015 at 15:21
Ho frequentato fin da giovane le pale di San Martino soprattutto il cuore partendo dalla val canali. Il solo pensiero che fra 30 anni i piccoli ghiacciai esistenti si scioglieranno mi fa star male, perdiamo la memoria storica visibile di milioni di anni.